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Il framing secondo Silvio Berlusconi

Introduzione
Perché Berlusconi ha puntato la sua campagna elettorale del 2008 sulla tragedia dei rifiuti di Napoli, sull’economia e sull’immagine internazionale dell’Italia? Quale motivo lo ha spinto a sottoporsi ai ferri della chirurgia estetica negli ultimi anni?
Sicuramente tra le risposte che potremmo dare c’è il framing. Credo tuttavia che sia giusto precisare tale concetto con alcune definizioni.
L’origine del concetto di “frame” è legata al lavoro di Gregory Bateson. Nel saggio Una teoria del gioco e della fantasia, Bateson introduce la nozione di “frame” come “quei messaggi che definiscono il contesto; il messaggio <<questo è un gioco>> […] è un messaggio che in qualche modo definisce appunto un contesto o una cornice”.
A Erving Goffman però si deve il primo e più influente sforzo di sistematizzazione del concetto di “frame”. Lo studioso canadese lo definisce come <<i principi di organizzazione>> che governano tanto le attività sociali quanto la nostra percezione di queste, e come <<le strutture basilari della comprensione disponibili nella nostra società per dare un senso agli eventi>>.
Di recente anche il linguista cognitivo di Berkeley George Lakoff, che ha pubblicato nel settembre del 2004 Don’t think of an Elephant, una sorta di messaggio al mondo progressista focalizzato sullo studio dei meccanismi della comunicazione politica, parla del frame come una struttura centrale per la comprensione di qualsiasi forma di comunicazione, e per quella politica in particolare riveste un ruolo decisivo.

Il linguaggio di Berlusconi
Prima di presentare alcuni casi riferiti al framing secondo Berlusconi, diamo un quadro generale del linguaggio dell’attuale Presidente del Consiglio. In tal senso un interessante contributo proviene dal lavoro di tre studiosi italiani (Sergio Bolasco, docente di Statistica e Metodi di text mining all’Università di Roma “La Sapienza”, Nora Galli de’ Paratesi, che insegna Linguaggio e Comunicazione alla American University of Rome e Luca Giuliano, professore di Metodologia delle Scienze Sociali e Strategie di narrazione ipertestuale all’Università di Roma “La Sapienza”) che hanno pubblicato nel 2006 per Manifestolibri “Parole in libertà”, una compiuta analisi dalla quale emerge uno screening fedele e impietoso dell’oratoria di Silvio Berlusconi.
 
In “Parole in libertà” si evidenziano i principali cambiamenti apportati dal Cavaliere nel linguaggio della politica italiana: periodi brevi e non contorti, un vocabolario comprensibile, una fantasia “televisiva” in certe espressioni colorite. Ma non finisce qui. Secondo gli autori, Berlusconi si avvicina ai suoi elettori con un linguaggio politico fatto di dati indiscutibili e allo stesso tempo conditi da una marcata affettività.  Inoltre, Berlusconi ha introdotto la logica del “noi contro loro”,  figlia del suo passato sportivo con la squadra del Milan e delle logiche concorrenziali di mercato con lo sfondo di una strategica estremizzazione del conflitto politico.
Giusto per portare qualche esempio dei termini e dei concetti usati: l’opposizione del “vecchio e nuovo” o “l’Italia che ama e l’Italia che odia”, gli immancabili e soliti “comunisti”, “i Paladini della Libertà”, i “Turisti della democrazia” del Parlamento europeo e gli esempi potrebbero continuare ancora. Insomma, tutto porta a determinare un taglio netto con la vecchia politica fatta di termini come “apparato”, “burocrazia”, “partito” “Stato” schiacciata dalla forza della leadership, solida nella sua espressività fisica e che viene evidenziata da parole come “sono convinto che”, “non c’è dubbio”, “io ne sono certo”, “vedrete…” e dalla recente chicca del “ghe pensi mi”.

Berlusconi e le elezioni del 2008
Le elezioni politiche del 2008 hanno visto il confronto tra i due leader politici Berlusconi e Veltroni con l’amara uscita di scena di Romano Prodi e della sua compagine politica formata da “L’Unione”, coalizione composta da DS, Margherita, Italia dei Valori, Udeur e dai “cespugli” della sinistra radicale.
In questo contesto politico si è inserita prepotentemente a livello mediatico la vicenda dei rifiuti in Campania. Come abbiamo visto è stato il grosso fardello che ha dovuto sopportare la coalizione di centro-sinistra guidata dall’ex Sindaco di Roma e su cui il leader del Popolo della Libertà ha “incorniciato” la sua campagna elettorale.
Un esempio su tutti per dimostrare come Berlusconi abbia fatto leva sui sentimenti e sulle opinioni dei campani e degli italiani in generale è dato dalla puntata di Porta a Porta del 5 marzo 2008 dove il discorso di Berlusconi si è focalizzato sull’utilizzo di storie di vita quotidiana ed aneddoti.
Infatti “nel corso di una puntata ad alta audience del più seguito fra i talk show televisivi, rispondendo a una domanda sul tema dei sondaggi, Berlusconi focalizza il suo intervento sul tema dei rifiuti e lo fa raccontando quattro storie, la prima avvalorata da un’agenzia stampa, le altre che vedono per protagonisti un primo ministro europeo di cui non viene rivelato il nome e due amici, di cui vengono riportati i discorsi diretti.
Nel primo caso vengono mostrate le conseguenze sull’economia: partendo dalle difficoltà di un lussuoso ristorante partenopeo, con un movimento che va dal particolare al generale si estende ai ristoratori, agli albergatori, all’intero settore del turismo di Napoli, della Campania e infine al turismo italiano. Tuttavia, come abbiamo detto in precedenza, gli effetti dello scandalo della spazzatura non si fermano al solo settore turistico, secondo Berlusconi, venendo ad investire anche tutto il “Made in Italy” di qualità, dalla moda ai cibi, dai vini all’alta tecnologia. Le tre storie successive servono proprio per rafforzare l’idea che quello dei rifiuti sia un fatto conosciuto in tutto il mondo, che ha conseguenze sull’economia e sul prestigio dell’immagine dell’Italia.
Non si tratta dell’unica occasione in cui Berlusconi racconta queste vicende che anzi sono state ripetute nel corso di diversi appuntamenti televisivi e non solo” (Giansante, 2009).
Infatti, ad avvalorare questo argomento è proprio il discorso di Berlusconi tenuto durante un comizio in piazza del Plebiscito a Napoli il 4 aprile 2008. Una folla estasiata dalle sue parole apprendeva che se avesse vinto le elezioni il futuro Presidente del Consiglio sarebbe rimasto nel capoluogo campano fino alla risoluzione del problema rifiuti.

Il lifting di Berlusconi
Un’altra strategia narrativa adottata da Silvio Berlusconi è quella della cura del sé che rientra a pieno titolo nella personalizzazione della politica in generale e della leadership in particolare. Il punto di partenza è il lifting del gennaio 2004. Prima di approfondire la tematica, credo sia giusto ricordare anche “la cacarella di Berlusconi” (così chiamata in un articolo del magazine “Sette” del Corriere della Sera per i problemi intestinali del Cavaliere durante un Consiglio d’Europa tenutosi a Barcellona nel 2002), il trapianto di capelli, la cui “rivelazione” è stata giocata sulla bandana, la confessione del Premier sulla lotta personale contro il cancro alla prostata, e il malore che lo colse durante un comizio a Montecatini nel novembre 2006: tutti utili esempi che rientrano sempre nella media logic che producono il corpo malato del leader nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, per dirla con le parole di Federico Boni nel suo “Il Superleader”.
A questo punto possiamo dire che “il frame principale che incornicia il lifting di Berlusconi del gennaio 2004 sulla stampa italiana è quello della sovrapposizione del corpo fisico del premier e del corpo politico, come se il lifting avesse interessato la politica berlusconiana almeno quanto le parti fisiche del leader del centrodestra sottoposte alla chirurgia estetica” (Boni, 2008).
Al frame principale dedicato alla sovrapposizione dei due “corpi” fanno seguito 3 frame secondari: quello relativo al lifting come operazione che interessa tanto il corpo del Capo quanto la politica in generale, quello che pone l’analogia tra l’operazione chirurgica come operazione politica a scopi propagandistici e quella che incornicia il lifting come una metafora della “visione del mondo politico” di Berlusconi. Nel primo caso, possiamo prendere in prestito le parole di Francesco Merlo de “La Repubblica” che nel 17 gennaio 2004 scrive in prima pagina sul cambiamento della politica, che se prima era “l’arte del possibile, ora sembra diventata l’arte del ritocco”. Il rifacimento del corpo come surrogato di un mancato rifacimento del paese è la cornice presentata invece da “L’Espresso” uscito negli stessi giorni che dipinge un Berlusconi nel tentativo di riprodurre “la magia” del 1994. Per quanto riguarda la seconda “cornice”, diversi giornalisti come Michele Serra e Francesco Merlo de “La Repubblica” hanno identificato il lifting come un’operazione elettorale; mentre Giovanni Valentini, sempre nello stesso numero dello stesso quotidiano, vede nella cornice del “lifting come trucco politico” un intervento chirurgico all’interno del governo di centro destra ed in particolare alle modifiche della legge Gasparri sulla TV. L’ultimo frame sul lifting è dedicato alla visione della politica berlusconiana. Un contributo, in tal senso, ci viene da un titolo de “La Stampa” del 25 gennaio 2004: “Berlusconi contro giudici e sinistra. “Giustizia iniqua”. “Il lifting ai comunisti non è riuscito” dove condanna il “vizio” della sinistra di usare la via giudiziaria per eliminare gli avversari. Al frame del lifting possiamo aggiungerne altri sempre legati alla cornice del corpo fisico/politico: il corpo malato declinato sull’aspetto della “cura”, del “mistero” e sul “prima e dopo” sull’esempio dei prodotti per l’estetica delle televendite, oppure sul frame dell’eterna giovinezza e della sua ricerca disperata un po’ come una sorta di “Sindrome di Dorian Gray” per citare le parole di Curzio Maltese.

Conclusioni
Abbiamo visto come un astuto utilizzo della tecnica del framing possa produrre degli effetti mediatici notevoli sulla spettacolarizzazione della politica. L’argomento Berlusconi è molto ampio e discusso e in questa sede sicuramente non è stato possibile approfondirlo in maniera dovuta. In primo luogo, possiamo aggiungere che anche questo lavoro ha “incorniciato” l’immagine di Berlusconi in una chiave di lettura positiva, ovvero sulla giusta interpretazione degli argomenti trattati in campagna elettorale dal leader del centro destra nel 2008 che lo hanno portato ad una vittoria palese sui suoi avversari e il suo percorso “chirurgico” che lo hanno tenuto in maniera permanente alla ribalta dei media dandogli la possibilità di conquistare popolarità e di segnare l’agenda di TV, quotidiani e web. Certo, non abbiamo ripreso gli effetti di dissacrazione del politico come i manifesti “taroccati” delle varie campagne elettorali del Cavaliere che spopolano su Internet o le diverse figuracce fatte dall’attuale capo del Governo con i leaders di vari paesi, o i più ben noti problemi giudiziari. Questo avrebbe reso più giusto il lavoro svolto finora. In secondo luogo, da un punto di vista teorico vediamo come l’approccio di George Lakoff lasci alcune lacune. Secondo Mauro Barisione, infatti, “Lakoff non tiene conto delle acquisizioni degli studi elettorali nei campi della sociologia, della scienza politica e della comunicazione. Le scienze sociali sono particolarmente attente all’analisi del contesto (politico, istituzionale, mediale, sociale, ecc.) in cui si muovono gli attori individuali e collettivi. Lakoff sembra dare per scontato che la comunicazione sia sempre decisiva per il voto, mentre gli elettoralisti non ne sono per niente sicuri. Dipende per esempio dai livelli di indecisione e volatilità dell’elettorato, dal tipo di elezione, dal sistema partitico, dal tipo di sistema mediale, dalla personalizzazione della carica, dalla struttura delle alleanze elettorali, dal numero dei mandati del presidente/governo uscente, dalla sua performance specie in ambito economico, e da molti altri fattori relativi al contesto spaziale, ma anche temporale, di un’elezione” (Barisione, ComPol XI, 2010).
 
“It’s the economy, stupid!”, la celebre frase di James Carville, lo spin doctor di Clinton, che servì a spiegare la sconfitta di Bush padre nel 1992 sicuro invece del suo successo per la popolarità acquisita con la Guerra del Golfo: ecco come una semplice frase possa riassumere il suddetto pensiero relativamente al contesto politico di un paese.
Terzo, tornando al nostro tema di discussione, vediamo come la comunicazione politica di Berlusconi non sia stata sempre vincente. Basta considerare le sconfitte elettorali del 1996 e del 2006 per smentire le teorie “francofortesi” che vedono il Cavaliere come leader indiscusso della politica italiana per il fatto di gestire la più importante azienda televisiva privata a livello nazionale e anche la RAI quando è stato al Governo. Certo, nel 2006 la sua spregiudicatezza comunicativa gli fece recuperare molti punti percentuali di consenso tanto che alla fine uscì sconfitto dalla competizione elettorale per circa  25.000 voti.
In conclusione, come possiamo congedare la questione del framing? Oggi sicuramente internet può darci la possibilità di sfidare i frame egemonici ed istituzionalizzati. Allo stesso tempo, è verosimile ipotizzare una riduzione progressiva dell’influenza del <<complesso politico-mediale>> sull’informazione e, più in particolare, un intralcio <<nell’abilità dei media (e delle élite) di stabilire i frame dominanti>> (Barisione 2009). Tuttavia, anche i “big” della comunicazione sono presenti sulla Rete. Quindi, si andrebbe verso una ridefinizione delle relazioni di potere.
A tal proposito, mi piace concludere con il pensiero finale di Manuel Castells nella sua ultima opera Comunicazione e potere dove invita ogni singolo individuo a contribuire nella costruzione del networking della mente pubblica: “Ma la mente pubblica è costruita dal networking di menti individuali come la tua. Così, se la pensi diversamente, le reti di comunicazione opereranno diversamente, a condizione che non solo tu, ma anche io e una moltitudine di altri decidiamo di voler costruire le reti delle nostre vite”.
 
Bibliografia
–    Barisione M., Comunicazione e società, Il Mulino, 2009.
–    Giansante G., La narrazione come strumento di framing: le metastorie nel discorso politico di Berlusconi e Obama. HOLOGRAMATICA – facultad de Ciencias Sociales – UNLZ – Año VI, Número 10, V2 (2009), pp. 21-43.
–    Di Pietro S., Le metafore (politiche) possono uccidere. Un’intervista a George Lakoff. Articolo tratto da Compol XI, n. 2, 2010.
–    Boni F., Il superleader, Meltemi 2008.
–    Chiappetta A., Le “parole in libertà” del Signor B., Politicaonline.it, 12 marzo 2006.
–    Barisione M., Ma anche Lakoff incorre in una “trappola cognitiva”, articolo tratto da Compol XI, n. 2, 2010.
–    Castells M., Comunicazione e Potere, UBE 2009.